Quindi condividete i risultati con altri membri della comunità scientifica?
«Sì, e questo è un fenomeno nuovissimo. Solitamente i gruppi di ricerca, quando lavorano su un certo argomento, sono molto riservati fino alla pubblicazione e alla condivisione con il mondo scientifico. Con questa emergenza ci sono delle iniziative in cui ancora prima di pubblicare i dati sulla rivista scientifica si rendono pubblici su piattaforme che danno modo agli scienziati di tutto il mondo di imparare qualcosa sul virus e mettere a disposizione la propria esperienza.
L’OMS sta organizzando già da mesi degli incontri periodici con tutte le aziende e gli organismi di ricerca che stanno lavorando sul virus per cercare di condividere delle linee guida comuni e quindi si discutono i pro e i contro di ciascun modello e di ciascun approccio. Questa è una cosa che non è mai avvenuta prima».
A che punto è la vostra ricerca?
«Siamo partiti da cinque vaccini candidati che abbiamo disegnato sulla base di una serie di caratteristiche e stiamo facendo in modo che il vaccino sia efficace ma soprattutto sicuro, ovvero che non induca effetti collaterali. Questo perché, a differenza dei vaccini contro il cancro, quello contro il SARS-Cov-2 sarà somministrato a persone sane a scopo preventivo, per cui bisognerà essere sicuri che non ci siano effetti indesiderati né a medio né a medio-lungo termine.
Questi vaccini li abbiamo testati sui topi che rappresentano il primo modello animale in cui si verifica l’immunogeneticità e tutti e cinque, con caratteristiche diverse, hanno dato una risposta immunitaria. Questa risposta immunitaria consiste nell’induzione di anticorpi che riconoscono la proteina “spike”, presente sulla superficie del virus. Tra questi cinque, sulla base di queste caratteristiche, ne abbiamo selezionato uno, il più potente.
Adesso stiamo dialogando con un’azienda austriaca che dovrebbe consentirci di produrlo su larga scala per procedere con lo studio clinico sull’uomo che avverrà, purtroppo, non prima dell’autunno per via dei tempi tecnici legati agli studi di tipo regolatorio. Questi studi riguardano la sicurezza del farmaco e quindi sono degli studi sempre fatti in modelli animali che verificheranno effettivamente che non c’è potenzialmente nessun effetto collaterale (fase 1 e 2 ndr). Si partirà prima con un piccolo gruppo di pazienti poi, una volta individuata la dose migliore che induce un’attività del sistema immunitario, si estenderà ad un paio di centinaia di persone, fatto questo ci sarà lo studio di fase 3 e poi si spera di andare in commercio».