La robotica è un’estensione delle attività umane, non una loro sostituzione. Questo è il potenziale di un settore che, nonostante tutti i pregiudizi che lo limitano, sta vivendo un periodo positivo con ottime proiezioni per il futuro. Una diffusione globale sta infatti investendo l’ingegneria robotica; uno dei primi censimenti realizzati in ambito di robotizzazione, nel 1973, contava già 3mila robot industriali in tutto il mondo. Oggi è stato superato il milione con 381mila nuove installazioni solo nel 2017, ultimo anno di cui si hanno a disposizione dati completi. Di queste, i due terzi sono stati assorbiti solo dall’Asia, seguita in ordine da Europa e America. Tutti contesti che si sono aggiudicati grandi porzioni di uno scambio commerciale non troppo eterogeneo se si considera che il 73% del mercato è rappresentato da soli cinque player: Cina (36%), Giappone (12%), Corea (10%), Stati Uniti (9%) e Germania (5%). La Cina però, pur avendo la fetta più grande e il record di crescita, ha un rapporto robot/operatori ancora molto distante da quello dei Paesi in cui l’automazione ha una presenza importante nelle fabbriche. Tra questi anche l’Italia che, nel 2017, in quanto a vendite è stata seconda solo alla Germania in Europa e ottava nel mondo, con una crescita del 19%, il doppio di quella tedesca e il triplo rispetto a quella statunitense. Sarà forse sintomo che la percezione della robotica tra le aziende sta cambiando? È noto infatti il timore per cui, nonostante i benefici organizzativi che la robotica comporta, queste tecnologie possano ridurre in maniera importante i posti di lavoro. Secondo quanto è emerso al World Economic Forum 2018, l’introduzione dei robot porterà sì alla perdita di 75 milioni di posti di lavoro da oggi al 2025, ma il loro inserimento nelle fabbriche farà sorgere nuove esigenze che richiederanno circa 133 milioni di nuovi professionisti, con mansioni diverse e più qualificati. La proporzione tra robot e persone va inquadrata infatti in un’ottica globale delle attività svolte in azienda. È inevitabile che il robot sostituisca l’uomo in attività ripetitive e gravose, ma si tratta di un cambiamento che migliora le condizioni di salute e il benessere dei lavoratori stessi sotto molti punti di vista. Al contempo, la modifica delle competenze richieste agli operatori darà vita a nuove figure professionali. Vari studi di settore hanno evidenziato come la percentuale di occupazione cresca al crescere dell’automazione presente in azienda, poiché le realtà che introducono questi nuovi sistemi nella produzione sono in grado di aumentare il fatturato, espandendosi e generando così nuovi posti di lavoro. Ma quali sono gli ambiti industriali a cui sono destinati i sistemi di automazione?
Automotive
Da allora la robotizzazione nel comparto ha fatto passi da gigante, rendendolo il settore trainante. Ne è un esempio la trasformazione in atto negli stabilimenti BMW che, consegnando ogni giorno quasi 10.000 veicoli, hanno sentito forte la necessità di snellire i processi di logistica. Da qui l’introduzione di robot addetti ai magazzini, di trasporti totalmente automatizzati e della possibilità per lo staff di controllare tutti i processi da dispositivi mobili come tablet e smartphone, utilizzando la realtà virtuale. D’altronde, per un “colosso” come il Gruppo BMW, con circa 1.800 fornitori in 4.000 diverse località che consegnano oltre 31.000.000 di parti in 30 differenti sedi nel mondo, una maggiore precisione e rapidità fa la differenza, e la digitalizzazione consentirà sicuramente consegne più flessibili ed efficienti.
Elettronica
Il comparto della robotica collaborativa sta prendendo sempre più piede nelle aziende dell’elettronica, soprattutto per gli indubbi vantaggi che questa comporta in termini di efficienza, flessibilità, produttività e rapido ritorno dell’investimento. I robot collaborativi (o cobot) sono entrati da qualche anno sul mercato, concepiti per poter operare fianco a fianco dell’uomo. Sono quindi di dimensioni contenute, privi di spigoli, con capacità di carico ridotte, progettati con accorgimenti meccanici ed elettronici e sensori tali da consentire il riconoscimento dell’eventuale contatto con l’uomo - consentito dalla normativa - e di arrestare il robot in tale circostanza. Si tratta di veri e propri colleghi di metallo che imparano con il teaching by using, cioè con l’utilizzo e non con la programmazione, attraverso percorsi specifici che sono in grado di memorizzare. Life Elettronica - tra le aziende italiane leader nella produzione conto terzi di schede elettroniche - ha scelto di ricorrere a un cobot per automatizzare il processo di resinatura e riuscendo così a farlo su 16 schede elettroniche contemporaneamente. Il ciclo di lavoro complessivo, della durata di 15 minuti circa, non ha paragoni con le classiche metodologie svolte con l’ausilio di altri macchinari e, soprattutto, con la presenza costante dell’operatore. Dal punto di vista sociale e politico i cobot aprono le porte al back-shoring, ovvero alla possibilità di riportare in Italia attività manodopera ad alto costo in precedenza delocalizzate all’estero. Secondo i dati Siri - Società italiana di robotica e automazione - dei 6mila robot che nel 2017 sono stati venduti in Italia l’80% è finito in export, in sedi produttive dislocate di aziende italiane. Nella nostra penisola ne resta installato il 20% appena, in Cina il 100%.
Industria Medicale
Secondo un rapporto di Markets and Markets il mercato globale della robotica ospedaliera è in continua crescita; entro il 2023 raggiungerà i 16,74 miliardi di dollari, da un valore attuale stimato di 6,46 miliardi di dollari. L’ambito dei robot in campo medico comprende varie tipologie, da quello per la chirurgia a quello per la riabilitazione, da quello radio-chirurgico non invasivo a quello per l’industria farmaceutica. Il settore sta esplodendo e le innovazioni tecnologiche si susseguono a ritmo serrato e molte aziende dell’healthcare si stanno mostrando interessate a nuove realtà imprenditoriali attive su questo mercato. Ad esempio è recente la notizia che il gigante Johnson & Johnson si sta lanciando nel campo della chirurgia robotica con il rilevamento di Auris Health - società specializzata nelle tecnologie robotiche applicate al settore sanitario - nota per aver creato un dispositivo capace di raggiungere con le telecamere parti del corpo umano a cui difficilmente si riesciva ad accedere. Ad aprire scenari ancora più interessanti ci penserà l’imminente rivoluzione del 5G, grazie a cui robot chirurghi opereranno con tempi di comunicazione di pochi millisecondi e i medici potranno eseguire diagnosi o interventi su un paziente in qualsiasi parte del mondo, monitorando e analizzando i suoi parametri vitali grazie ad algoritmi di intelligenza artificiale in grado di individuare in anticipo i fattori di rischio.