Risanamento aziendale e digitalizzazione delle imprese

Effetti del Coronavirus e impatto della tecnologia sul lavoro

25 Gennaio 2022

La pandemia sta accelerando gli investimenti in robot industriali e digitalizzazione delle imprese per il risanamento aziendale. Come il Covid-19 sta modificando, infatti, profondamente i nostri stili di vita, così sta provocando radicali cambiamenti anche nel mondo del lavoro.

I fenomeni più evidenti sono la robotizzazione, l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale e lo smart working. Se una trasformazione digitale era già in atto nelle aziende prima della crisi sanitaria, la pandemia ne ha sicuramente accelerato il processo, sia facendo aumentare l’utilizzo dell’e-commerce, che incrementando la diffusione dei processi di automazione, che vedranno sempre di più la presenza di macchine e robot ad affiancare gli esseri umani nello svolgimento di alcune mansioni, in particolare in alcuni settori come il manifatturiero, l’automotive e la logistica. L’impatto della tecnologia sul lavoro quindi porterà sempre di più ad uno spostamento di mansioni e alla creazione di nuove specializzazioni.

Robot industriali: l’evoluzione tecnologica da optional a necessità 

Lo shock determinato dalla crisi sanitaria ha costretto le imprese di qualsiasi livello ad un grande sforzo di adattabilità e resilienza che si è rapidamente tradotto nella necessità ad innovare e adeguare le proprie strategie aziendali, indirizzandosi sempre più verso il digitale.

Tra gli effetti del Coronavirus più evidenti dobbiamo quindi contare l’accelerazione del processo di robotizzazione e dell’uso di tecnologie basate sull’Intelligenza Artificiale, la diffusione dello smart working e l’esplosione della logistica anche nel settore dei consumi. L’evoluzione tecnologica verso un uso sempre più massiccio di AI è un fenomeno che avrà conseguenze permanenti sulla struttura dell’economia perché gli ingenti investimenti nelle nuove tecnologie non potranno essere dismessi facilmente. Lo smart working invece sta già diminuendo la sua crescita, esplosa con l’arrivo del Covid 19. Uno studio di Bloomberg su dati Ocse mostra infatti che dopo il boom registrato dal lavoro a distanza durante la pandemia, la quota di dipendenti che sta tornando a lavorare in presenza sta aumentando, con la sola eccezione della manifattura, dove lo smart working riguarda comunque una minoranza dei lavoratori. Ma sono i robot industriali - futuro della tecnologia - i veri protagonisti di questa trasformazione in atto nel mondo delle imprese.

L’utilizzo di robot alimentati dall’Intelligenza Artificiale rappresenta uno spartiacque tra il prima e dopo pandemia e una leva per creare valore nelle aziende.

Già prima del periodo pandemico l’utilizzo di robot era entrato prepotentemente, per esempio, nello smistamento di prodotti nei magazzini industriali. Si trattava di robot dedicati a svolgere lavori e compiti abbastanza semplici, come lo spostamento di pallet lungo percorsi definiti. Niente a che vedere con i nuovi robot sempre più utilizzati durante la pandemia in grado di maneggiare oggetti di forme e dimensioni diverse collocandoli in molteplici posizioni nei settori più disparati.

Digitalizzazione delle imprese e risanamento aziendale 

Secondo l’edizione 2021 del World Robot Report, l’utilizzo sistematico di robot industriali nelle fabbriche sta accelerando a un ritmo elevato in tutto il mondo: la nuova media della densità globale nelle aziende manifatturiere è ormai di 126 macchine per 10mila dipendenti, quasi il doppio rispetto alle 66 unità del 2015.

La popolazione di robot industriali installati nel mondo nel 2020 è cresciuta del 10% rispetto al 2019. Con il 63% di robot distribuiti in Asia, il 20% in Europa e il 13% nelle Americhe. Secondo il Report il Paese più automatizzato d’Europa è la Germania, al quarto posto a livello mondiale con 371 unità. Se guardiamo all’Italia il numero di robot installati nel 2020 è stato di 78.200 unità con un incremento del 5% rispetto al 2019 che conferma l’aumento medio annuo dell’ultimo quinquennio (2015-2020) del 5%. Secondo la Federazione Internazionale di Robotica l’Italia è il 6° Paese al mondo con il maggior numero di installazioni robotiche.

Software, computer, macchine, nel pieno della pandemia, hanno permesso, infatti, a molti di continuare a lavorare e all’economia di reggersi in piedi. Macchine e robot, nel pieno dell’emergenza, sono serviti a eseguire mansioni al posto dei lavoratori, mettendoli al riparo dal rischio di contagio. Con ricadute che potrebbero essere positive anche sui profitti: i robot possono continuare a lavorare anche quando la forza lavoro umana si ammala o non rientra al lavoro per paura di essere contagiata.

Uno studio del McKinsey Global Institute, intitolato “Il futuro del lavoro in Europa”, spiega che il mix tra automazione e congelamento dell’economia dovuto alla crisi brucerà posti di lavoro, ma accelererà contemporaneamente il processo di creazione di nuove figure professionali. Il problema è che i due processi viaggiano a velocità diverse, producendo inizialmente una contrazione dell’offerta di lavoro per certi settori, ma anche una mancanza di profili professionali necessari alle imprese, producendo una forte concentrazione geografica del lavoro. Con una crescita localizzata nei grandi hub tecnologici e nelle grandi città del pianeta. </p>

L’impatto delle tecnologie sul lavoro

Se da un lato persiste il timore di chi ritiene che i robot possano sostituirsi all’uomo determinando un potenziale problema occupazionale, dall’altro è vero che queste nuove tecnologie permettono di ripensare la collaborazione tra uomo e macchina aprendo nuovi scenari di potenzialità fino ad oggi inimmaginabili, perché l’Intelligenza Artificiale e quella umana non sono sostitutive, bensì complementari. Tuttavia spesso si guarda con timore al rapido processo di digitalizzazione e automazione scaricando sulle macchine colpe di disoccupazione e disuguaglianze quando in realtà le macchine consentono all’uomo di ottenere maggiori risultati, più in fretta, in modo più sicuro e con meno impegno in termini di tempo e di fatica. A ottobre 2020 il World Economic Forum ha pubblicato il Rapporto “The Future of the Job”, da cui emerge che la domanda di competenze umane non è assolutamente in declino. Nonostante il periodo di difficoltà il Rapporto evidenzia una prospettiva nettamente positiva per i posti di lavoro così come per i lavori con tratti distintamente umani. Sempre secondo lo studio, 85 milioni di posti di lavoro attuali saranno interessati dal cambiamento nella divisione del lavoro tra esseri umani, macchine e algoritmi, ma verranno creati anche 97 milioni di nuovi posti di lavoro in più.

Smart working: vantaggi per le aziende

In un’epoca in cui il distanziamento fisico diventa sempre più importante per proteggere la salute pubblica, anche diminuire il personale presente in azienda, con il lavoro da casa è una garanzia di maggior sicurezza. Lo smart working è solo la punta dell’iceberg, là dove in tutto il mondo si cercano sempre nuovi strumenti per incrementare la flessibilità organizzativa e lavorativa con realtà aumentata, workspace virtuali , assistenti artificiali e altro. Grazie alle caratteristiche di estrema flessibilità dello smart working, i lavoratori delle aziende e delle pubbliche amministrazioni di tutti i Paesi che lo hanno adottato per contenere i danni della crisi sanitaria, hanno avuto la possibilità di svolgere il proprio lavoro, praticamente da un giorno all’altro, in un luogo diverso dall’azienda. L’International Labour Organization (ILO) ha stimato che nei primi mesi della pandemia il 20% dei lavoratori a livello mondiale si sia trovato a lavorare da remoto. Se si considera che nel 2019 solo il 2,9% dell’occupazione globale lavorava a distanza, salta agli occhi l’aumento che il lavoro agile ha avuto negli ultimi anni. Quindi lo smart working tra i vantaggi per le aziende risulta ai primi posti.

Secondo lo studio dell’Osservatorio Smart Working, i vantaggi ottenibili dall’introduzione del lavoro a distanza si possono misurare in termini di:

  • miglioramento della produttività;
  • riduzione dell’assenteismo;
  • riduzione dei costi per gli spazi fisici come elettricità e acqua.

A questo si aggiungono poi una maggiore produttività e soddisfazione dei dipendenti, l’incremento delle competenze digitali e flussi di lavoro più efficienti.