visione antropocentrica

Zero Waste, come iniziare

La catena di valore nel nuovo modello di economia circolare

03 Novembre 2021

Un uso sostenibile delle risorse naturali, la riduzione degli sprechi, un cambiamento delle scelte alimentari e dello stile di vita sono solo alcune regole per ridurre l’impatto ambientale. Uno sforzo che devono fare le imprese sostenibili o che vogliono essere tali.
Uno dei passi fondamentali in questa direzione è quello di produrre zero rifiuti. Zero Waste, come iniziare quindi?

Zero Waste significa eliminare il superfluo dalla quotidianità, evitare lo spreco e tutto ciò che diventerebbe rifiuto nel giro di pochi secondi. Ma non basta per dare vita a un sistema virtuoso di bioeconomia circolare in tutta la catena di valore.
Se la sostenibilità ambientale della produzione, del consumo e del commercio degli alimenti è possibile, serve però anche un cambiamento importante nelle abitudini sia dei consumatori che dei produttori.
Ecco alcuni principi che consentono la riduzione degli impatti ambientali del sistema alimentare:

  • uso più efficiente e sostenibile delle risorse naturali;
  • cambiamenti nei metodi di produzione;
  • cambiamenti nelle scelte alimentari e diete per consumare quantità inferiori di cibo;
  • eliminazione graduale dell’uso di sostanze chimiche dannose;
  • assicurare cibo nutriente a prezzi accessibili;
  • fornire redditi giusti per agricoltori e pescatori;
  • garantire alimenti più sicuri;
  • ridurre gli sprechi nelle diverse fasi della filiera alimentare.

Modello di economia circolare

Per abbracciare questo stile di vita è necessario far riferimento al modello di economia circolare, ossia un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile.

Nel modello di economia circolare, una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione, i materiali di cui è composto vanno reintrodotti nel ciclo economico e riprendono a generare valore. Questo permette la riduzione dell’estrazione di materiali, dell’uso di energie non rinnovabili e della produzione di rifiuti.

I principi quindi dell’economia circolare contrastano con il tradizionale modello economico lineare. La riuscita del sistema non è una responsabilità di una cerchia ristretta di attori, ma è condivisa da molti soggetti. La parola chiave è infatti catena di valore. Tutti gli attori di una stessa catena di valore devono collaborare. La sfida per le imprese sostenibili è quella di modificare i processi sostituendo un input tradizionale con uno bio-based ad ogni passo successivo della catena di valore nella produzione di un prodotto, mentre ad ogni passo precedente si deve fare in modo che lo scarto possa invece diventare materiale da riutilizzare. Si tratta quindi di trovare il giusto equilibrio tra tecnologie, processi produttivi e organizzativi per rendere la catena di valore nel suo insieme sostenibile.

La bioeconomia e l’utilizzo sostenibile delle risorse naturali

C’è un ulteriore step verso l’obiettivo della sostenibilità: la bioeconomia circolare, costola dell’economia circolare, a sua volta parte della green economy, interessa una pluralità di settori è innovativa e piena di opportunità ma richiede di cambiare paradigma di sviluppo e di visione. Le implicazioni sono notevoli, anche perché la bioeconomia contribuisce alla mitigazione del clima, oltre che al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, alla sicurezza alimentare e alla creazione di nuovi posti di lavoro nelle aree abbandonate.
Per bioeconomia s’intende un’economia basata sull’utilizzo sostenibile di risorse naturali rinnovabili e sulla loro trasformazione in beni e servizi finali o intermedi, come ad esempio utilizzare colture, foreste, pesci, animali e microrganismi per produrre cibo, materiali ed energia. Da questa definizione si capisce come anche la bioeconomia possa condividere l’assunto alla base dell’economia circolare per cui il rifiuto non è più uno scarto, ma anzi la risorsa di partenza che permette, in ottica di circolarità, di alimentare il cerchio della rigenerazione.
Bisogna però aggiungere che l’utilizzo della bioeconomia va fatto in presenza di particolari garanzie. Infatti, le attività della bioeconomia si basano su risorse biologiche che devono essere utilizzate in modo sostenibile garantendo la loro rinnovabilità, la resilienza degli ecosistemi e la conservazione degli stock del capitale naturale che le forniscono.
Il rapporto della bioeconomia con il capitale naturale è appunto virtuoso solo se le risorse naturali vengono utilizzate in modo che favoriscano la loro resilienza, come nel caso in cui per i suoli (il suolo è per eccellenza alla base del capitale naturale su cui si struttura la bioeconomia) venga garantita la loro fertilità, permettendone la rigenerazione, oppure vengano preservate le funzionalità ecologiche dei sistemi marini e costieri. Tutti aspetti che le bio based industries devono tenere ben presenti.

Bioeconomia circolare e smart agriculture

La stessa filosofia della bioeconomia circolare e i principi della catena di valore sono condivisi quindi dalla smart agriculture, quell’agricoltura cioè che nello sfruttamento delle risorse e nelle tecniche di produzione si propone di non alterare l’equilibrio ambientale, evitando il ricorso a pratiche dannose per il suolo (come le lavorazioni intensive) e a sostanze chimiche (pesticidi, ormoni ecc.) e utilizzando fonti energetiche rinnovabili.
Un settore quello dell’agrifood cruciale nel panorama economico, basti pensare che solo in Italia interessa una superficie complessiva di 13 milioni di ettari, genera 180 miliardi di euro di fatturato all’anno e coinvolge circa 1,1 milioni di lavoratori.

Il percorso delle imprese agricole verso pratiche più green è iniziato da tempo e lo dimostrano i dati di Confagricoltura diffusi nella Giornata della Terra 2021: negli ultimi trent’anni le emissioni di gas serra del settore agricolo, che rappresentano solo il 7% del totale, sono diminuite del 17%, mentre le Pm10, le polveri fini, addirittura del 30%. Rispetto al 2008, si è registrato un calo anche nell’utilizzo di fitofarmaci del 21% e di fertilizzanti di origine chimica di oltre la metà (52%).

Obiettivo principale dell’agricoltura è quello di sfamare la popolazione (quella mondiale si avvicina agli 8 miliardi che hanno bisogno di un tenore calorico intorno alle 2.500 kilocalorie giornaliere) ma sempre più forte è anche la necessità di ridurre l’impatto ambientale. Il contributo dell’agricoltura in termini di sostenibilità è evidente in diversi ambiti, dalla produzione di energia da fonti rinnovabili (un esempio ancora in fase di sviluppo è l’agrovoltaico, un sistema di utilizzo dei terreni tra produzione agricola e produzione di energia con l’istallazione di impianti fotovoltaici sui terreni stessi), alla gestione delle deiezioni animali con tecniche innovative.

La sostenibilità della produzione alimentare e agricola dipende dalla sostenibilità delle risorse naturali, è necessario quindi lavorare sulla riduzione degli impatti negativi e migliorare lo stato delle risorse naturali. La popolazione globale è in continuo aumento, si prevedono 8 miliardi di persone entro il 2030 e più di 9 miliardi entro il 2050. Questo aumento comporterà una richiesta sempre maggiore di alimenti e di prodotti agricoli e di conseguenza uno sfruttamento sempre maggiore delle risorse. Come abbiamo visto molto è stato fatto e si sta facendo in questo senso ma molto c’è ancora da fare. Perché il futuro è già qui.