Sintesi
· I dati ufficiali sul PMI (Purchasing Managers’ Index) per il mese di gennaio rilasciati la scorsa settimana non riflettono ancora l'entità delle preoccupazioni legate all’economia intorno all’epidemia di coronavirus in corso in Cina. Tuttavia, pensiamo che il suo impatto sull'economia cinese e nel resto del mondo non sia trascurabile.
· L'impatto sulla crescita del PIL cinese potrebbe essere pari a circa 1 punto percentuale, o anche superiore, nel primo trimestre 2020. Un recupero del terreno perso è possibile nei trimestri successivi, grazie alle politiche pubbliche a sostegno del settore manifatturiero.
· Una pausa prolungata nell'attività cinese potrebbe essere dirompente per alcune catene di fornitura come quelle relative ai prodotti chimici, alle attrezzature per il trasporto, all’industria tessile e all’elettronica.
· Le prime cinque economie potenzialmente colpite da questo sconvolgimento sono quelle di Taiwan, Corea del Sud, Paesi Bassi, Ungheria e Indonesia.
I primi indici ufficiali relativi al PMI (Purchasing Managers’ Index) nel mese di gennaio, rilasciati oggi, non riflettono ancora l'entità delle preoccupazioni economiche intorno all'epidemia in corso. Il PMI manifatturiero è sceso a 50 (dal 50,2 a dicembre), mentre il PMI non manifatturiero è salito a 54,1 (da 53,5). Tale resilienza dei valori è dovuta al fatto che le indagini sono state interrotte il 20 gennaio, cioè quando l'epidemia ha iniziato ad attirare l'attenzione del pubblico. Ci aspettiamo che le indagini di febbraio colgano meglio l'impatto economico dell'epidemia. Inoltre, il mercato onshore in Cina ha aperto oggi, lunedì 3 febbraio, e a questo punto l'impatto sui cinesi e sull’economia del resto del mondo non potrà essere trascurabile.
L'epidemia di coronavirus 2019-nCoV è un'emergenza sanitaria pubblica di preoccupazione internazionale, secondo l'OMS. L'epidemia è stata segnalata per la prima volta in Cina nel dicembre 2019 e ha ricevuto un’attenzione via via crescente a partire da metà gennaio 2020. Gli ultimi rapporti indicano circa più di 15.000 casi confermati e oltre 350 morti. In questa fase le misure adottate dalle autorità cinesi sono riuscite a limitare l’epidemia per lo più a livello nazionale (circa il 98,5% dei casi confermati sono nella Cina continentale). Il 30 gennaio, dopo diversi dibattiti, l’OMS ha deciso che l'epidemia costituiva un’emergenza sanitaria di interesse internazionale.
I mercati hanno reagito con forza all'epidemia. A differenza di quanto successo per i rischi politici, l'atteggiamento accomodante delle banche centrali non è stato sufficiente a calmare i mercati, che hanno già iniziato una correzione, con gli indici MSCI World, APAC e Cina diminuiti rispettivamente dell'1,8%, del 4,7% e dell'8,5% dal 20 gennaio ad oggi. I settori che stanno subendo il maggiore impatto dell'epidemia sono quelli delle compagnie di trasporto aereo, della moda e dei beni di lusso (compresi hotel, ristoranti e tempo libero) in calo rispettivamente del 6,9%, 6,4% e 4,7%, dal 20 gennaio. Per contro, i beni di rifugio hanno dato buoni risultati in questo periodo: lo yen si è apprezzato dell'1,1% rispetto al dollaro e il rendimento dei bond del Tesoro statunitense a 10 anni è sceso di 25 punti base. La moneta cinese si è deprezzata dell'1,7% rispetto al dollaro, segno che i mercati stanno iniziando a quotare una crescita inferiore in Cina. Questa cautela potrà dissolversi solo quando si osserverà un punto di flessione nella diffusione dell'epidemia.
Figura 1 - Indici MSCI World per settori selezionati (01/01/2020 = 100)