Mentre il 2020 volge al termine e pubblichiamo le previsioni aggiornate, i nostri economisti si sono sorpresi a sognare ad occhi aperti un mondo dove i desideri più audaci sarebbero divenuti realtà. Si potrebbe pensare che siamo un po' troppo vecchi per spedire la letterina a Babbo Natale, o che i politici siano troppo ostinati per rispettare i propositi del Nuovo Anno, ma lo spirito del periodo natalizio sembra essere comunque sceso in tutte le nostre case. Webex, Zoom e Team, le nuove renne dal naso rosso, hanno fatto la magia per portarvi quello che speriamo faccia tintinnare come delle “jingle bells” l'economia globale. Dalla nostra famiglia di lavoro alla vostra, ecco la playlist dei canti natalizi da intonare a voce alta all'orecchio di ogni politico. Allora Babbo Natale, che cosa stai aspettando?

1. Tutto ciò che voglio per Natale è... un ritorno alla normalità prima del 2022.
2. Addobbate le stanze con rami di... un sostegno fiscale e monetario più intelligente
3. Babbo Natale dovrebbe arrivare (anche) nei Mercati Emergenti
4. Sotto l'albero: la giusta quantità di inflazione
5. Gioia ai flussi commerciali del mondo!
6. Tutto è (più) calmo... per il rischio politico
7. Una “silent night”...per le insolvenze aziendali
8. Le “jingle bells” (non) suonino troppo forte per i mercati finanziari
9. Sentite quello che sento io? Non è mai troppo tardi per riformare la protezione sociale
10. Auguri di una felice (non tanto) piccola rivoluzione verde


1. Tutto quello che voglio per Natale è...un ritorno alla normalità entro la fine del 2021

Dopo le promettenti sperimentazioni cliniche per due vaccini contro la Covid-19, l'inizio di una campagna globale di vaccinazione è l'ultimo miracolo di Natale, che potrebbe aumentare le nostre previsioni di crescita del PIL nel 2021 di circa +1-22pp . Prevediamo che la vaccinazione dei soggetti a rischio sia completata già a metà del 2021 nei Paesi sviluppati e nei grandi mercati emergenti, allentando la pressione sui sistemi sanitari e permettendo di eliminare alcune restrizioni dettati dalla Covid-19. Ma la battaglia per l'immunità di gregge dipende da un tasso di accettazione del vaccino del 70-80%, mentre lo scetticismo è particolarmente diffuso nell’Europa occidentale.

Se i governi riusciranno a dare il via a una campagna di vaccinazione di massa nella seconda metà del 2021 e se l'immunità del gregge emergerà prima della fine dell'anno, potremmo vedere un ritorno a qualcosa di simile al "business as usual" già nel quarto trimestre del 2021, rispetto ai circa sei mesi del nostro scenario di riferimento.

2. Addobbate le stanze con rami di...un sostegno fiscale e monetario più intelligente

Ehi Europa, ascolta! Questo messaggio è per te: non essere tentata a ritirare di nuovo prematuramente il sostegno politico. Poiché alla fine del tunnel c'è la luce del vaccino, i governi dei mercati sviluppati possono permettersi di mettere in secondo piano qualsiasi problema di sostenibilità del debito, con il piccolo avvertimento che il focus della spesa fiscale debba restare concentrato su: (i) rafforzare le reti di sicurezza per il settore privato (programmi di lavoro a breve termine e garanzie pubbliche statali) in particolare nel primo semestre del 2021, poiché le restrizioni legate alla Covid-19 restano elevate, (ii) fornire un trampolino di lancio per la ripresa economica dalla pandemia (riduzione della burocrazia e delle tasse) e (iii) gettare le basi per una crescita potenziale più elevata (investimenti pubblici / incentivi agli investimenti privati nel settore verde e del digitale, ecc.). Dopo tutto, una vera e propria offensiva fiscale nel 2021, se condotta correttamente, potrebbe contribuire a ridurre gli effetti cicatriziali a medio termine sull'economia. Non solo vorremmo vedere negli USA un consistente pacchetto finanziario da 900 miliardi di dollari, ma anche il Recovery Fund nell'UE dovrebbe riaprire il rubinetto della spesa.

Anche se la politica finanziaria resta chiaramente al centro dell'attenzione, quella monetaria non deve lasciare dubbi sul fatto che continuerà a costituire un freno al crescente onere del debito sia nel settore pubblico che in quello privato, fino a quando la ripresa economica non sarà completa. Ciò richiede un altro anno di stretta collaborazione tra le autorità finanziarie e monetarie. A nostro avviso, la BCE dovrà come minimo "minacciare" altri 1,6 miliardi di euro di acquisti patrimoniali nel 2021, senza realmente impegnarsi a farlo, mentre la Fed dovrebbe prevedere un ulteriore allentamento della politica monetaria attraverso un aumento degli acquisti di titoli o mantenendo gli attuali 120 miliardi di dollari al mese, anche se con maggiore attenzione alle scadenze a lungo termine. Infine, ma non per ordine d’importanza, nel 2021 le banche chiederanno anche TLC speciali, mentre l'attenzione si sposta dalla gestione del rischio liquidità alla mitigazione del rischio credito. I problemi non gestiti del settore bancario potrebbero mettere a repentaglio la ripresa economica, in particolare in Europa. Un'ulteriore tolleranza normativa per far fronte all'aumento dei prestiti in sofferenza (NPL) e alle preoccupazioni sui capitali potrebbe dare un po' di respiro. Tuttavia, una strategia più completa in materia di NPL, come la creazione di un marketplace nella UE, sarebbe un vero e proprio punto di svolta.

3. Babbo Natale dovrebbe arrivare (anche) nei Mercati Emergenti

Nei mercati emergenti (ME) la spesa aggiuntiva per far fronte agli effetti economici della Covid-19 ha ampliato i disavanzi di bilancio e aumenterà notevolmente il rapporto debito pubblico/PIL, almeno fino alla fine del 2021. Ma i responsabili politici hanno bisogno di trovare il giusto equilibrio e fare attenzione alla sostenibilità del debito. Libano, Argentina, Ecuador, Suriname e Zambia erano in default con il debito sovrano già nel 2020, benché i problemi di finanziamento fossero evidenti prima dell'arrivo della Covid-19. Nel 2021 non tutti i ME potranno portare avanti i programmi di stimolo, poiché molti potrebbero raggiungere il limite di sostenibilità del debito pubblico. Anche se non è detto che questo comporti necessariamente il dramma del default, potrebbe richiedere delle ristrutturazioni e l'intervento del FMI. Quali Paesi sono sulla watch-list? Mozambico, Ghana, Sudan, Timor Est, Sri Lanka, Egitto e Pakistan, secondo la nostra Valutazione del rischio di sostenibilità del debito. Il nostro auspicio è che i responsabili politici e le istituzioni internazionali contribuiscano ad evitare un brusco risveglio, con un'ondata di crisi per la bilancia dei pagamenti del mondo emergente.

4. Sotto l'albero: la giusta quantità di inflazione

L'inflazione potrebbe facilmente rovinare la ripresa post Covid-19. Se i massicci stimoli finanziari e monetari dovessero trasformarsi in un significativo scatto in avanti dei prezzi, le banche centrali potrebbero dover uscire prematuramente dai programmi monetari non convenzionali. In questo caso, qualsiasi shock inatteso sui tassi di interesse potrebbe alterare l'attuale fragile equilibrio, in cui i governi hanno una capacità apparentemente infinita di emettere debito, grazie ai forti acquisti di titoli di stato da parte delle banche centrali. Le economie più credibili, come la Germania e gli Stati Uniti, potrebbero forse sfuggire alla sanzione del mercato, ma i Paesi strutturalmente accondiscendenti potrebbero trovarsi di fronte a gravi limitazioni attraverso un notevole aumento dei premi di rischio. Senza il sostegno delle banche centrali, sia la bolla di mercato del credito sovrano che quella del credito privato potrebbero scoppiare in modo incontrollato, con conseguenze devastanti sull’economia reale ed effetti molto più duraturi sulla crescita rispetto allo shock della Covid-19.

D'altro canto, è plausibile anche uno scenario di inflazione sottotono, se l'enorme quantità di risparmi accumulati dalle famiglie e dalle aziende non dovesse ritornare abbastanza velocemente ai livelli pre-crisi. In questo scenario, l'eccesso di debito che pesa sugli investimenti e una lenta ripresa sul fronte del lavoro potrebbero fondersi in una spirale discendente, creando uno scenario di deflazione. Le banche centrali in questa situazione tenderebbero ad aumentare gli investimenti in debito pubblico e altri tipi di asset, comportando di fatto un'ulteriore emissione di debito pubblico, accanto alla progressiva nazionalizzazione delle economie. Ma siamo ancora in tempo per evitare una zombificazione o nipponificazione dell'economia mondiale.

5. Gioia ai flussi commerciali del mondo!

L'imponente crescita della Cina e i lockdown più leggeri in Europa che hanno preservato l'attività manifatturiera, hanno comportato nel terzo trimestre del 2020 una forte ripresa del commercio globale di beni. Ci auguriamo che ciò continui nel 2021, poiché la ripresa della domanda globale si rafforza con l’ulteriore impulso fornito dal rinvigorito multilateralismo dopo le elezioni americane e dalla rapida normalizzazione delle relazioni commerciali post pandemia. Prevediamo dinamiche contrastanti nel commercio globale, che non implicano necessariamente il ritorno ad un brutale isolazionismo, ma piuttosto puntano verso una nuova definizione delle catene di fornitura globali. Meno del 15% delle aziende che abbiamo intervistato prende in considerazione il reshoring (riportare in patria la produzione), confermando che esso può avvenire solo a fronte di incentivi adeguati, in quanto non è la strategia di resilienza più efficace dal punto di vista dei costi. Stimiamo, invece, che circa il 30% abbia di mira il nearshoring, ovvero portare la produzione in un paese vicino. Questo aspetto è in linea con il rinnovato slancio verso il multilateralismo, soprattutto dopo l'Accordo di partenariato economico globale regionale (RCEP) e i colloqui sul ritorno degli Stati Uniti ai negoziati per l’Accordo di partenariato trans-pacifico (TPP). Anche il multishoring, o diversificazione, è all'ordine del giorno, in quanto le aziende cercano soluzioni di fornitura e produzione a costi contenuti (in particolare ancora in Cina) dopo uno shock senza precedenti.

6. Tutto è (più) calmo...per il rischio politico

Dopo un anno segnato dalle tumultuose elezioni americane, speriamo che il 2021 renda di nuovo noiosa la geopolitica. In effetti, la vittoria di Biden potrebbe rappresentare un punto di svolta dopo quattro anni combattivi di politiche commerciali e ambientali del presidente Trump. Nonostante la posizione probabilmente più collaborativa di Joe Biden, tre fattori ci invitano ad essere cautamente ottimisti sul clima politico internazionale. Innanzitutto, Joe Biden continuerà a organizzare la politica estera seguendo i precetti della strategia Pivot, con l'obiettivo di contenere la crescente influenza della Cina. In secondo luogo, il rischio politico globale nel 2019 era ad un livello estremamente elevato, indipendentemente dalla politica estera statunitense e a causa della rapida moltiplicazione delle tensioni sociali, dovute alle crescenti disuguaglianze. La crisi della Covid-19 rischia di esacerbare ulteriormente queste tensioni, poiché le frange più fragili della popolazione hanno sofferto relativamente di più dalla pandemia, sia a livello economico che sanitario. Infine, è probabile che il rischio politico aumenti anche per il fatto che il debito pubblico globale ha raggiunto livelli insostenibili, mettendo a rischio la sostenibilità a lungo termine dei sistemi di protezione sociale. Il nostro indice di rischio sociale ha infatti identificato diversi Mercati Emergenti ad elevato rischio sociale, che devono anche affrontare un forte rischio di sostenibilità del debito pubblico: Angola, Mozambico, Repubblica del Congo, Sri Lanka, Pakistan, Laos, Kenya, India, Kirghizistan, Costa d'Avorio, Argentina, Libano, Venezuela, Zambia. Questi ultimi quattro sono già in default. In definitiva, il nostro auspicio è che gli altri Paesi possano evitare tale scenario e che il rischio non si trasformi in crisi politica.

7. Una “silent night”...per le insolvenze aziendali

Il nostro primo augurio per il settore aziendale è la fine anticipata dei lockdown, unita ad una rapida concretizzazione degli effetti positivi della fiducia sui consumi e sugli investimenti. Questo darebbe una spinta a ricavi e profitti soprattutto per le aziende dei settori sensibili alla Covid-19, come articoli per la casa, prodotti alimentari e bevande, attività del tempo libero e automotive a cui si attribuisce un posto di lavoro su quattro in Europa occidentale. Un ritorno più rapido del previsto al "business as usual" ridurrebbe anche il rischio di effetti secondari su altri settori, con positive implicazioni su quelli ciclici come l'edilizia, l'energia, i metalli e le attrezzature meccaniche. Ciò rafforzerebbe la fiducia globale e darebbe impulso agli investimenti, in particolare di tipo verde e digitale, che potrebbero accelerare il lancio delle tanto attese reti 5G. Il nostro secondo augurio per il settore delle imprese è una tempestiva, mirata e ottimizzata eliminazione graduale delle misure di sostegno messe in atto dai governi. In effetti, la massiccia iniezione di liquidità sui mercati finanziari, il sostegno finanziario diretto e indiretto (regimi di cassa integrazione, rinvii delle imposte, oneri sociali, rinegoziazione di mutui e affitti, eccetera) e gli aggiustamenti temporanei per le situazioni di insolvenza hanno contribuito a evitare a breve termine uno tsunami di insolvenze. Ma una revoca prematura e impreparata delle misure finanziarie potrebbe causare una stretta di liquidità, in un momento in cui le aziende devono finanziare un maggior fabbisogno di capitale circolante per la ripresa. Allo stesso tempo, ritardando troppo a lungo la revoca si potrebbe assistere a un massiccio aumento sia delle aziende zombie pre-pandemia (che non erano più vitali già prima della crisi e che hanno temporaneamente approfittato delle misure di emergenza), sia di quelle vitali e "zombificate" dalla crisi (indebolite per l'eccesso di indebitamento post pandemia). In questo contesto, il nostro terzo augurio sarebbe quello di vedere le aziende migliorare la resilienza a medio e lungo termine, con più capitale proprio e meno debito, maggiori scorte con catene di fornitura più brevi o più diversificate, insieme a condizioni di pagamento attentamente monitorate.

8. Le “jingle bells” (non) suonino troppo forte per i mercati finanziari

Gli scenari contrastanti dell’economia post-pandemica si riflettono ancora sui prezzi dei beni sia sicuri che rischiosi. I prezzi dei titoli azionari americani, ad esempio, rispecchiano la crescita dei ricavi a breve termine prevista in +23% nei prossimi due anni e il prezzo di una crescita molto ambiziosa di quelli a lungo termine, prevista in +16%. D'altro canto, i prezzi dei beni sicuri riflettono l'orientamento ancora cauto delle banche centrali, concentrandosi sui rischi economici a breve termine legati alla seconda ondata e sui possibili effetti cicatriziali a lungo termine. I rendimenti dei titoli di Stato delle principali economie si mantengono in un range di negoziazione, che è limitato al ribasso da livelli di rendimento già estremamente bassi e al rialzo da acquisti di asset su larga scala da parte delle banche centrali. Le valutazioni sono quindi “stirate” su entrambi i margini dello spettro del rischio e questo è un equilibrio fragile. Ma se gli investitori abbandonano gradualmente il posizionamento estremo e il comportamento di trading a breve termine, le valutazioni potrebbero riagganciarsi ai fondamentali senza gravi perturbazioni del mercato, soprattutto perché la politica monetaria agisce ancora da freno credibile al crollo del mercato. Il nostro augurio è quindi quello di ridurre il differenziale tra la crescita attesa e i tassi d'interesse per una maggiore stabilità finanziaria.

9. Sentite quello che sento io? Non è mai troppo tardi per riformare la protezione sociale

Mai sprecare una buona crisi. La Covid-19 non è la prima e non sarà l'ultima pandemia che il mondo deve affrontare e le pandemie non sono le uniche sfide. Il nostro augurio è quello di trovare soluzioni intelligenti di protezione dal rischio per le partnership pubblico-privato, che favorirebbero la crescita a lungo termine in due modi: liberando gli investimenti in resilienza e rendendo gli (inevitabili) minimi più alti e più brevi.

Il nostro primo augurio è uno schema di protezione dal rischio a priori per rafforzare la resilienza. L'aspettativa che lo Stato agisca sempre da rete di sicurezza ha reso obsoleti l'auto-responsabilità e gli sforzi diretti per mitigare i rischi, comportando rischi ancora maggiori lungo il cammino. Ecco perché è così importante costruire uno schema di protezione dal rischio a priori, per esempio creando un fondo assicurativo prefinanziato o sotto forma di assicurazione privata con un sostegno pubblico. Se tutti i partecipanti hanno una parte nel gioco, saranno più interessati ad adottare misure preventive e preparatorie. Gli assicuratori privati potrebbero svolgere un decisivo doppio ruolo in tale schema: quello del risk manager, che consiglia misure di mitigazione, e quello di una specie di impianto idraulico, che controlla i sinistri ed effettua i pagamenti. A differenza dello Stato, abituato a istituire ombrelli protettivi attraverso le garanzie, ma che fatica a distribuire i fondi in modo rapido e diretto, gli assicuratori privati dispongono di know-how, processi e strutture necessari.

Il secondo augurio è un comportamento di risparmio più intelligente. Il contesto di bassi rendimenti entra nel secondo decennio in Europa e con la crisi della Covid-19, i tassi d'interesse pari a zero si vanno attualmente consolidando. Eppure la maggior parte delle famiglie ha ancora un debole per i beni finanziari liquidi e presumibilmente sicuri, come i depositi bancari o il contante, ma questo è controproducente: non solo i risparmiatori perdono denaro perché questi strumenti hanno rendimenti reali negativi, ma l'assenza di redditi da investimento e di plusvalenze in valore li costringe ad attingere di più al reddito da lavoro per raggiungere gli obiettivi di risparmio. Pertanto, allineare i comportamenti di risparmio con la realtà dei rendimenti bassi o negativi è improrogabile. È necessaria un'azione concertata: il nostro augurio è che i responsabili politici trovino il modo di aumentare l'alfabetizzazione finanziaria, ad esempio inserendo la materia nei normali programmi scolastici, e che il settore finanziario raddoppi gli sforzi per ottenere dal mercato dei capitali prodotti semplici, redditizi e di facile comprensione. I benefici sarebbero di tre tipi: i risparmiatori otterrebbero rendimenti più elevati e raggiungerebbero più facilmente gli obiettivi di risparmio; allo stesso tempo, il reddito da lavoro potrebbe essere sempre più utilizzato per il consumo, stimolando la domanda e la crescita; infine, lo sviluppo del mercato dei capitali verrebbe accelerato, creando in Europa un sistema finanziario più equilibrato (invece che dominato dalle banche). Questo, a sua volta, andrebbe a beneficio della crescita a lungo termine in due modi: favorendo la stabilità finanziaria e la trasformazione verde.

I mercati dei capitali più profondi comportano un ruolo maggiore a lungo termine degli investitori istituzionali, che sono soprattutto investitori di denaro reale, cioè non hanno leva finanziaria. Essi non si limitano ad assumere rischi, ma hanno anche la capacità di assorbirli. Pertanto, favoriscono la stabilità finanziaria detenendo gli asset come investitori contrarian, stabilizzando i mercati e non affollandosi verso l'uscita di sicurezza (come sono inclini a fare le banche). La chiave del successo della trasformazione verde sarà la mobilitazione di miliardi di euro di investimenti privati in nuove tecnologie e infrastrutture. Questo richiede una visione completa del settore finanziario, affinché il capitale sia indirizzato nella giusta direzione. Grazie ai lunghi orizzonti temporali, i mercati dei capitali profondi, liquidi e innovativi, sono meglio attrezzati per questo compito rispetto alle miopi banche.

Il nostro ultimo augurio per i mercati assicurativi e patrimoniali è una riforma del sistema pensionistico che rifletta l'invecchiamento della società. Oggi, più di 727 milioni di persone hanno dai 65 anni in su e per la metà del secolo questo numero è destinato a più che raddoppiare, fino a toccare il miliardo e mezzo, di cui 950 milioni in Asia. Tuttavia, molti Paesi non sono ancora pronti ad affrontare il crescente numero di pensionati, non avendo un sistema pensionistico sostenibile e adeguato o ritardando le necessarie riforme pensionistiche.

Pertanto, per tener conto del rapido invecchiamento della popolazione in molti Paesi del mondo, ci auguriamo riforme pensionistiche con adeguamento automatico dell'età pensionabile, secondo i mutamenti dell'aspettativa di vita. Questo porterebbe anche all'adozione di un corridoio per l'età pensionabile, consentendo a tutti di scegliere il momento del pensionamento in base alle proprie condizioni fisiche. Che fa un lavoro fisicamente usurante potrebbe scegliere di andare in pensione prima, mentre gli impiegati potrebbero preferire di rimanere più a lungo al lavoro. Anche il lavoro part-time in età avanzata dovrebbe essere un'opzione standard e non un'eccezione, per consentire una transizione graduale verso il pensionamento.

Integrando i sistemi pensionistici statali con una parte finanziata dal capitale, il lavoratore trarrebbe vantaggio da entrambi i mondi. E infine, ma non per ordine d’ importanza, la previdenza professionale e quella privata dovrebbero essere rafforzate, per distribuire l'onere finanziario su diversi pilastri. L'esperienza del passato dimostra che la parte più difficile in questo senso è raggiungere i gruppi a basso reddito e incentivarli a garantirsi una sicurezza per la vecchiaia. Misure come l'introduzione di un'imposta sul reddito negativa potrebbero contribuire a raggiungere queste fasce di reddito e consentire loro di accumulare un capitale sufficiente per la vecchiaia, mentre un reddito sufficientemente alto e sgravi fiscali per i pensionati potrebbero evitare loro di trovarsi in una situazione peggiore rispetto a chi si affida esclusivamente all'assistenza sociale. La crescita ne trarrebbe un duplice vantaggio: direttamente da un bacino allargato di manodopera qualificata e indirettamente da mercati dei capitali più profondi, per non parlare dell'effetto positivo di sistemi pensionistici sostenibili e adeguati sulla pace e la coesione sociale.

10. Auguri di una felice (non tanto) piccola rivoluzione verde

Il 2021 sarà un anno decisivo per il cambiamento climatico, in quanto segnerà l'inizio delle guerre per la sostenibilità in cui Europa, Stati Uniti e Cina si batteranno per ottenere la leadership globale delle tecnologie verdi. Ma davanti al rischio che si verifichino altri disastri climatici, dovremo iniziare ad attuare strategie di emissioni negative, partendo dall’afforestazione su larga scala e reinventando il settore edile così da trasformare gli edifici in pozzi di assorbimento del carbonio. La spesa infrastrutturale in investimenti verdi e la rete digitale creeranno probabilmente un circolo virtuoso, aumentando il potenziale di crescita delle nostre economie nel medio-lungo periodo . Anche l'espansione delle piattaforme digitali e l'integrazione dei servizi digitali possono sostenere la produttività, soprattutto per le PMI.

Il nostro augurio è che le banche centrali appoggino attivamente l'iniziativa di ecologizzazione adattando gli strumenti della politica. Ad esempio, l'assegnazione mirata di liquidità alle banche (TLTRO) o i programmi di acquisto di attività finanziarie della BCE potrebbero essere ricalibrati per dare priorità ai criteri ESG. Inoltre, il revamping del sistema di garanzie che dia maggior peso alle attività ESG incoraggerebbe le banche a finanziare gli investimenti "verdi". Questi nuovi strumenti politici renderebbero più "verde" il bilancio della BCE e magari sarebbero fonte di ispirazione per altre banche centrali (ad esempio la Banca d'Inghilterra e la Fed).

Auspichiamo inoltre che i governi attuino politiche adeguate per accelerare e incentivare lo sviluppo di settori con un forte potenziale di crescita. Ad esempio, la crescita del settore dell'idrogeno a livello europeo potrebbe contribuire ad assorbire il capitale fisico e umano inattivo dell'industria aerospaziale. Politiche efficaci in materia di formazione e istruzione della forza lavoro sarebbero inoltre fondamentali per affrontare le esigenze di approvvigionamento di manodopera nei settori in rapida crescita delle industrie digitali e verdi. Infine, le politiche finanziarie dovrebbero cercare di liberare il settore bancario dal "peso" dei mutui zombie e consentire loro di sostenere le nuove “fioriture”.