Oltre 18 mila addetti e più di 1.100 aziende, per un fatturato annuo pari a 4,6 miliardi di euro: sono i numeri dell’industria tricolore della concia delle pelli, punto di riferimento mondiale in termini di sviluppo tecnologico nell’impiego di macchine per la lavorazione della pelle e per l’alto standard qualitativo del prodotto finito. Un comparto che - oltre ai 4,6 miliardi di fatturato registrato nel 2022 - ha raggiunto anche 3,2 miliardi di export, confermandosi leader mondiale tanto in termini di valore (65% a livello dell'Unione europea, 23% sul totale mondo) quanto in termini di internazionalizzazione, come evidenziato nel report Allianz Trade sull’industria conciaria. Un settore costituito soprattutto da piccole e medie imprese in grado di creare un mix perfetto di tecnologia e artigianalità, concentrate principalmente in Veneto, Lombardia e Campania, e specializzate nelle diverse tipologie di lavorazione e produzione merceologica.
In base a quanto riportato dall’UNIC (Unione Nazionale Industria Conciaria) tra le principali destinazioni d’uso della produzione italiana del 2022, il settore delle calzature si classifica come primo cliente, a cui va il 34,5% delle pelli prodotte a livello nazionale. Seguono:
- la pelletteria (31,3%);
- la carrozzeria (14,5%);
- l’industria dell’arredamento (13,3%);
- l’industria dell’abbigliamento e dei guanti (4,0%):
- un residuale 2,3% destinato invece a utilizzi fortemente marginali come il settore della legatoria.
Ecopelle, concia al vegetale e pelle vegetale: principali differenze
Ogni anno l'industria conciaria ricicla e nobilita circa 8 milioni di tonnellate di pelli grezze provenienti dal comparto alimentare. Secondo i dati UNIC, la principale tipologia di pelle processata nel 2022 è stata quella bovina (3.334 milioni di euro in valore) seguita da quella vitellina (480,7), ovina (320,9) e caprina (214,5). Meno dell'1% delle pelli conciate dal settore appartiene invece ad altre razze animali come rettili o suini.
Tra le pelli conciate alcune diventano ecopelle quando vengono rispettati tre criteri:
- gli standard di sicurezza per i lavoratori;
- il limite di utilizzo di sostanze chimiche durante i processi di concia;
- gli specifici valori ambientali utili alla misurazione dei consumi, dei rifiuti, e dell’impatto dei processi.
Il pellame lavorato in maniera eco sostenibile e con un basso impatto ambientale rientra quindi all’interno della produzione di ecopelle, da non confondere con la pelle conciata al vegetale, dove si utilizzano i tannini, agenti concianti derivanti da fonti vegetali.
La lavorazione della pelle è un processo molto antico e la concia vegetale è stato per secoli l’unico metodo utilizzato per non far marcire la carne, anche se al giorno d’oggi la lavorazione del pellame è diventata quasi del tutto industriale. Quando si parla di pelle vegetale o vegana si fa invece riferimento a un materiale ottenuto da alghe, foglie, sughero o altri composti di natura organica, che presenta però dei limiti in termini qualitativi rispetto alla vera pelle come costi di produzione più elevati e scarsa resistenza e durabilità.
Il distretto veneto strategico per l’industria conciaria italiana
Il distretto veneto rappresenta il più importante distretto dell’industria conciaria italiana sia in termini di produzione che per numero di addetti ed è in grado di servire tutto il mercato dei prodotti in pelle. Con circa 130kmq di estensione territoriale, quasi 900 unità operative e più di 600 aziende, i poli strategici del distretto sono almeno 28 e si concentrano soprattutto nella Valle del Chiampo in particolare nei comuni di Arzignano, Chiampo, Montebello Vicentino, Zermeghedo e Montorso Vicentino.
Le concerie del Chiampo nel tempo si sono specializzate nel trattamento delle pelli bovine medio-grandi destinate ai settori dell'arredamento e dell'automotive, delle calzature e della pelletteria. Grazie anche a un tessuto di industrie medio-piccole e di grandi gruppi industriali all'avanguardia, questo distretto d’eccellenza oggi conta una produzione pari a oltre metà del totale nazionale.
Il fatturato del distretto delle concerie del Veneto (oltre 3 miliardi l’anno) vale da solo il 58% del giro d’affari del comparto conciario nazionale, il 38% dell’indotto europeo del settore e il 13,5% di quello mondiale. Le aziende esportano verso 125 Paesi, soprattutto Svizzera, Stati Uniti, Francia, Germania e Cina per un valore totale delle esportazioni di circa 2,7 miliardi di euro. Negli anni intorno al comparto conciario veneto si sono sviluppati nuovi settori di importanza strategica per la crescita e la competitività del distretto stesso, come quello della costruzione di macchine per conceria e della chimica conciaria, così come quello del recupero degli scarti di lavorazione del pellame.