filiera agroalimentare

La filiera agroalimentare

Il settore agroalimentare in Italia tra filiera lunga e corta

La filiera agroalimentare, per definizione, è l’insieme delle organizzazioni e degli operatori che concorrono alla formazione, distribuzione e commercializzazione di un prodotto agroalimentare. È una filiera di produzione, quindi, a cui possono appartenere:

  • produttori di materie prime, come trasformatori, commercianti, grossisti, importatori ed esportatori;
  • imprese di servizio;
  • imprese della logistica.

Per ogni fase della filiera lunga o corta che sia, è la certificazione a garantire ai clienti la qualità di quel prodotto di cui sono destinatari. Una filiera certificata è garanzia di qualità, ne esistono diverse - tutte con lo stesso obiettivo - ma con requisiti diversi tra loro. La tracciabilità e la trasparenza delle filiere sono aspetti importantissimi per raggiungere i livelli di sviluppo, sostenibilità ambientale e sociale e sicurezza alimentare. La trasparenza delle filiere agroalimentari consente di verificare la provenienza di tutti i prodotti e di controllare anche quelli che hanno certificazioni e marchi come DOP e IGP che devono comunque sottostare a determinati disciplinari.

Il settore agroalimentare in Italia è una risorsa preziosissima per l’economia con migliaia di imprese coinvolte e una produzione di centinaia di miliardi di euro.

La filiera agroalimentare si può suddividere in tre grandi sottogruppi:

  • agricoltura e allevamento;
  • trasformazione;
  • trasporto e logistica. 

Filiera lunga e filiera agroalimentare corta 

Le filiere possono essere suddivise secondo criteri diversi, come lunghezza, aree geografiche e concentrazione di lavoro distribuito sulla catena.

La filiera lunga, per esempio, è quella più articolata e con il numero maggiore di “anelli” della catena, cioè di passaggi dalla produzione alla vendita. Al contrario la filiera agroalimentare corta è quella che vede solo pochi passaggi essenziali, produzione, confezionamento e vendita.

Seguendo invece il criterio geografico troviamo filiere nazionali o regionali, globali o delocalizzate.

La globalizzazione ha reso particolarmente numerose le filiere lunghe in cui la distanza tra produttori e consumatori è diventata sempre maggiore così come il numero di operatori coinvolti. Al contrario nella filiera corta i passaggi produttivi sono limitati e circoscritti e caratterizza anche i prodotti a km zero dove la distribuzione dei prodotti è limitata anche a livello geografico. Grazie alla filiera corta alcuni agricoltori hanno potuto riappropriarsi di un ruolo attivo nel sistema agro-alimentare. All’interno di questa filiera si può arrivare infatti anche alla vendita diretta tra il produttore e il consumatore, anche online. Valorizzazione dei prodotti locali e attenzione all’ambiente sono due dei principali vantaggi di questo tipo di filiera. 

La filiera certificata

La principale classificazione delle certificazioni agroalimentari si divide in tre macro ambiti:

  • certificazione di prodotto, intende valorizzare e differenziare le qualità di un prodotto alimentare per le sue qualità organolettiche, igienico sanitarie, nutrizionali o tecnologiche;
  • certificazione di sistema con cui si fa riferimento alla capacità dell’azienda di perseguire il miglioramento delle sue prestazioni;
  • certificazione di processo/servizio, che hanno come oggetto le fasi produttive che effettuano le trasformazioni e/o i servizi. 

Alcune certificazioni della filiera di produzione 

La certificazione biologica attesta una produzione biologica complessiva cioè una gestione dell’azienda agricola e la sua relativa produzione agroalimentare che seguono le migliore pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, criteri rigorosi di benessere nell’allevamento degli animali, e una produzione ottenuta con sostanze e procedimenti naturali.

I prodotti a Denominazione di origine Protetta (DOP) sono quei prodotti agricoli o alimentari che hanno origine in una particolare regione o luogo e le cui qualità e caratteristiche sono dovute esclusivamente a quel particolare ambiente geografico. È fondamentale però che tutte le fasi, produzione, trasformazione e elaborazione avvengano nella stessa area geografica. È l’insieme dei fattori, sia naturali che umani, legati alle tecniche di produzione e di artigianalità di quest’area che consente di ottenere un prodotto unico e inimitabile.

Anche i prodotti con certificazione IGP, come i prodotti DOP, sono originari di una specifica area geografica, ma a differenza dei precedenti, per l’IGP è sufficiente che almeno una delle fasi di produzione, e non necessariamente tutte, avvengano in quella zona.

C’è poi la Specialità tradizionale garantita (STG), un riconoscimento che interessa quei prodotti ottenuti secondo un metodo di produzione tipico tradizionale di una specifica area geografica, al fine di tutelarne la peculiarità. Il processo produttivo deve essere poi conforme ad uno specifico disciplinare di produzione.

Il Global Gap invece definisce le buone pratiche agricole (Good Agricultural Pactice) relative alle best practice delle aziende agricole, alle coltivazioni e agli allevamenti. Sono necessari requisiti relativi:

  • alla tracciabilità;
  • agli aspetti ambientali (gestione del terreno e dei rifiuti ecc.);
  • alla produzione (impiego di fitofarmaci, tecniche di irrigazione, modalità di raccolta ecc.);
  • alla gestione aziendale, alla salute degli animali e a quella dei lavoratori, così come alla loro sicurezza e alle loro condizioni di lavoro. 

La filiera agroalimentare: scenario

In Italia il settore agroalimentare impiega oltre 1,2 milioni di persone, rappresenta più del 4% del PIL e vede il suo principale punto di forza nella qualità dei prodotti, considerati patrimonio culturale europeo e detentori di diversi primati sia in termini di certificazioni DOP e IGP che in termini di volumi di esportazione, soprattutto del vino, della pasta e della frutta fresca.

Nonostante il settore sia stato duramente colpito del rialzo dei prezzi, nel 2022 è stata raggiunta la cifra storica di 60 miliardi di euro di esportazioni, che ha permesso all’Italia di posizionarsi al sesto posto come esportatore mondiale di food & beverage. Il principale mercato di destinazione è l’Unione Europea ma non solo; le importazioni sono aumentate, infatti, anche nel mercato extra UE, soprattutto da parte dei paesi anglofoni a causa della forza del dollaro nei confronti dell’Euro.

Le opportunità del settore sono rappresentate in primis dalla qualità dei prodotti agroalimentari, ma anche dallo sviluppo tecnologico e digitale che porterà ad un maggiore supporto nella produzione, nella logistica, nella gestione degli sprechi e degli scarti. In questo modo sarà possibile ridurre i costi ed aumentare la redditività delle imprese investendo nella sostenibilità e nelle innovazioni distributive.