L’edizione 2023 della fiera del vino a Verona, uno degli eventi sul vino più importanti a livello internazionale, si è chiusa con un exploit di presenze anche straniere. Cosa si fa al Vinitaly? Tra degustazioni delle eccellenze della produzione vinicola italiana, presentazioni delle produzioni internazionali, corsi dedicati, in questa edizione si è anche parlato molto di sostenibilità in viticoltura, di vini sostenibili e degli effetti del cambiamento climatico sulle coltivazioni vitivinicole.

Quello del vino, infatti, è uno dei comparti più esposti al global warming che, secondo le stime dell’ultimo rapporto di Unione Italiana Vini, Vinitaly e Prometeia, presentato a Vinitaly, potrebbe costare alla filiera del vino, da oggi al 2050, 2,7 miliardi di euro.

Il settore è uno dei più importanti del panorama economico del Paese, lo testimonia l’elevato valore che ha il mercato del vino. Il valore di produzione, infatti, è pari a 11,6 miliardi di euro e di questi 8 miliardi sono riferiti all’export. Il rapporto citato prima mette anche in evidenza come, senza il contributo del vino, che ha una propensione all'export doppia rispetto ad altre bevande e alimenti (54,5% contro 27,3%), l’avanzo commerciale del settore alimentare sarebbe inferiore del 64%. Numeri che sono testimoniati anche dall’ottima performance registrata nel 2022 dal comparto che ha saputo resistere ai colpi dell’aumento dei costi dell’energia, del conflitto russo-ucraino e si è mostrato anche resiliente alla grande siccità che ha caratterizzato questi ultimi anni.

Non solo i dati di produzione di vino in Italia sono stati molto soddisfacenti nel 2022, arrivando alla cifra di 50,3 milioni di ettolitri, ma si è assistito anche ad un significativo aumento della superficie destinata ai vigneti che ha raggiunto la quota di 680mila ettari coltivati, con ben 80 varietà di vitigni. La ricerca sopracitata ancora evidenzia come il vino contribuisca anche alla diffusione del made in Italy, infatti con un attivo della bilancia import-export di +7,4% miliardi di euro, il vino si colloca al primo posto per livello del saldo commerciale.

A sostenere in particolare questi risultati è stato il Veneto che conquista il gradino più alto del podio come maggiore produttore di vino in Italia, con ben 12 milioni di ettolitri, a seguire troviamo la Puglia, l’Emilia Romagna e la Sicilia.

Un settore quindi prezioso per il Paese che rischia però di subire gravi conseguenze a causa dei cambiamenti climatici oltre che dalla contraffazione.  

 

Sostenibilità in viticoltura ed effetti del cambiamento climatico

Variazioni di temperatura e umidità, eventi avversi come gelate, grandinate o periodi di grande caldo e siccità, rappresentano - in particolare per la viticoltura - una pesante minaccia, poiché vanno a interrompere i delicati processi alla base della produzione dei vini pregiati e non solo. Gli effetti del cambiamento climatico, infatti, comportano delle variazioni significative di carattere sia sensoriale che organolettico modificando il sapore dei vini.

Temperature e regimi idrici sono fattori primari che caratterizzano un territorio e di conseguenza il vitigno che vi è coltivato. In più la sfida più grande che il cambiamento climatico comporta è la sua imprevedibilità. La viticoltura, infatti, si è sviluppata in regioni a clima mediterraneo considerate punti importanti della biodiversità, ma negli anni il vino ha risentito sempre di più dei cambiamenti climatici, in alcuni casi così radicati tanto da avere modificato notevolmente la geografia enologica in Italia. Ecco infatti lo spostamento di alcuni vigneti in zone più a Nord e le vendemmie anticipate come iniziative di adattamento alle nuove condizioni climatiche. Un esempio è quello del Piemonte, dove in pochi anni i vigneti di Chardonnay e di Pinot nero sono stati spostati dai 250 metri di altitudine agli 800-1.000 metri. Ma lo spostamento dei vigneti in zone più a nord o a maggiori altitudini ha di contro ricadute su quegli ecosistemi e sulle riserve d’acqua dolce della zona. Se poi questa “migrazione” dovesse avvenire più rapidamente rispetto a quella della flora e della fauna locali il danno ecologico sarebbe inevitabile.

Per contrastare i cambiamenti climatici, ma conservando gli ecosistemi, evitando quindi questi danni indiretti, l’unica soluzione secondo gli esperti, sarà quella di aumentare la biodiversità agricola, in un’ottica più sostenibile. Fare vini sostenibili significa produrre vino cercando di preservare le risorse naturali di quel territorio. Una scelta che consente di ottenere un’ottima qualità di prodotto attraverso un basso impatto ambientale.

Innanzi tutto è fondamentale comprendere le capacità di adattamento delle diverse varietà vitivinicole ai cambiamenti del clima, focalizzandosi soprattutto sull’uva autoctona. A questo proposito la biodiversità in vigna potrebbe dimezzare le perdite delle zone vitivinicole attraverso la tutela del paesaggio agricolo e delle sue risorse naturali. È infatti garantendo questo equilibrio essenziale che si rende il vigneto in grado di resistere ai cambiamenti climatici.

Un’altra soluzione indicata dagli esperti, per mantenere il mercato vitivinicolo all’avanguardia senza provocare danni ambientali, è quella di selezionare dei vitigni resistenti, in questo modo si migliorerebbe la sostenibilità delle produzioni, garantendo vitigni più forti, capaci anche di resistere alle modifiche del clima. In sostanza nuove varietà di vitigni con profili sensoriali simili a quelle esistenti, ma con una maggiore tolleranza alle variabili climatiche. A questo scopo i ricercatori suggeriscono anche di scindere le varietà dal territorio nelle denominazioni d’origine. In questo modo, almeno nelle denominazioni più conosciute, sarà possibile impiantare vitigni più resistenti.

Il tema della sostenibilità diventa centrale anche per l’export che, secondo il già citato rapporto di Unione Italiana Vini, Vinitaly e Prometeia, è la chiave per fare crescere un settore che, compreso l’indotto (tecnologie e macchinari per il vigneto, la tecnologia e il controllo di qualità) vale 31,3 miliardi di euro.

 

Mercato del vino e produzione vinicola italiana

Nell’ambito del vino sostenibile si contano diverse definizioni.

  • Il vino biologico risponde ai criteri stabiliti dal Regolamento europeo 203/2012 che vieta il ricorso alla chimica agli OGM o agli antiparassitari di sintesi nella coltivazione delle vigne. La produzione di vino biologico è in forte crescita, l’Italia detiene, insieme alla Francia, il primato per superficie vitata biologica certificata, i 117mila ettari di vigneti coltivati con metodi bio rappresentano il 18% del totale nazionale ed è il primo Paese in Europa e nel mondo.
  • Il vino biodinamico risponde invece al principio filosofico di Rudolf Steiner secondo il quale la fertilità della terra viene mantenuta attraverso la stimolazione delle materie nutritive già presenti, senza alcun ricorso a sostanze chimiche.
  • Il vino naturale è prodotto da piccole cantine che adottano le pratiche dell’agricoltura biologica e biodinamica, ma non è vincolato a protocolli e regolamenti.
  • Infine c’è il vino vegano che si dichiara essere totalmente privo in ogni fase della sua produzione del ricorso a sostanze o attrezzature di origine animale.

 

La produzione di vino in Italia

L’Italia è leader mondiale nel settore vitivinicolo davanti a Francia e Spagna, sue storiche rivali in questo campo.

Il comparto, che conta 310.500 aziende agricole e 45.600 aziende vinificatrici, di cui 518 coop che realizzano il 50% della produzione, e che offre opportunità di lavoro a 1,3 milioni di persone, impegnate variamente tra lavoro in vigne, cantine e distribuzione commerciale, è caratterizzato dalla produzione di una grande varietà di etichette e tipologie di vino di cui circa il 70% DOCG, DOC e IGT.

Per quanto riguarda la configurazione delle aziende produttrici di vino in Italia più del 92% sono piccole imprese, dove il 74,7% (si tratta quindi di circa 46mila aziende vinificatrici) è costituito da aziende che producono meno di 100 ettolitri di vino all’anno (cioè, meno di 15mila bottiglie da 0,75 l) e il 17,5% da quelle realtà che producono più di 100 ettolitri, ma meno di 1.000.

Nonostante gli ottimi risultati registrati nel 2022 sia per quanto riguarda i dati di produzione che quelli relativi all’export, sul futuro del comparto gravano diverse minacce: le conseguenze del conflitto russo-ucraino (Russia e Ucraina sono infatti due mercati di sbocco strategici per l’export del settore), il rallentamento economico e l’inflazione che portano gli italiani ad acquistare meno prodotti non essenziali, l’aumento del costo del vetro, e certamente non ultimo il cambiamento del clima.

Veneto, Emilia Romagna, Puglia e Sicilia sono le quattro regioni d’oro per la produzione di vino, da sole infatti raggiungono un totale di 26 milioni di ettolitri, equivalenti al 60% del totale del vino prodotto in Italia.