Un’impresa può trovarsi nella condizione di presentare in bilancio dei crediti che potrebbero non essere pagati, in tutto o in parte, alla loro scadenza. Come quantificare questo rischio? Il dubbio è legittimo e si collega alla difficoltà di identificare la presenza di crediti in “forse” e crediti “inesigibili”.
 

È opportuno precisare che i crediti sono una parte significativa del bilancio aziendale e possono arrivare a rappresentare una fetta consistente del patrimonio (anche oltre il 40%). Una variabile che fa i conti con la possibilità che alcune fatture restino insolute. Proprio in questo spazio di “incertezza” si colloca la difficoltà nel calcolo di eventuali perdite acuita, negli ultimi mesi, da una crisi di cui non si conoscono ancora con certezza gli effetti di lungo periodo.

Per questo motivo è importante calcolare il rischio credito. E correre ai ripari.

Per individuarlo si può ricorrere a un esempio: l’impresa A vanta un credito nei confronti dell’impresa B. L’impresa A è a conoscenza della situazione finanziaria “poco florida” dell’impresa B. Il che non significa che l’impresa B non sia in grado di ripagare il credito alla sua scadenza. Alla luce di questa condizione l’impresa A agisce quindi secondo un principio di prudenza e ricorre a un fondo di garanzia, noto come fondo di svalutazione dei crediti.

 

Il valore di presumibile realizzazione dei crediti e quello nominale

Quando l’impresa chiude un esercizio, il nostro ordinamento dà la possibilità di calcolare l’accantonamento al fondo di svalutazione crediti mediante un processo valutativo che passa, in primo luogo, dalla valutazione dei crediti di natura commerciale. I crediti sono dichiarati nel bilancio dell’impresa al “valore di presumibile realizzazione” (art. 2426, n. 8, Codice Civile). In seguito, il “valore nominale” dei crediti deve essere rettificato alla luce di perdite previste (come detto, per inesigibilità), rettifiche di fatturazione, sconti e abbuoni, e altre cause.

Per la determinazione del valore nominale dei crediti inesigibili viene in aiuto dell’impresa il principio Oic (Organismo contabile italiano) n. 15 il quale stabilisce che il valore nominale dei crediti “è rettificato tramite un fondo di svalutazione per tenere conto della possibilità che il debitore non adempia integralmente ai propri impegni contrattuali. Il fondo svalutazione crediti rettifica i crediti iscritti nell’attivo”.

Come si calcola l’ammontare del fondo svalutazione dei crediti

L’impresa può determinare il fondo svalutazione crediti attraverso un metodo analitico o attraverso un metodo forfettario. Quest’ultimo è utilizzabile soltanto in casi precisi ed è normato dall’articolo 106 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir).

Il metodo analitico di calcolo prevede l’analisi dei crediti, la determinazione delle perdite presunte (per situazioni di inesigibilità manifeste) e la stima di ulteriori perdite alla data di chiusura dell’esercizio. Un’impresa può seguire il processo di valutazione forfettario nei casi in cui sia possibile raggruppare i crediti anomali e di importo non significativo in classi omogenee che rappresentino profili di rischio simili, come il settore economico, quello di appartenenza dei creditori, l’area geografica, le garanzie. A queste classi si possono applicare formule per la determinazione della ragionevole attesa di perdite su crediti.

 

La deducibilità massima dall’art. 106 Tuir

In base all’art. 106 Tuir, la deducibilità massima a fini Ires delle svalutazioni dei crediti sarà pari allo 0,5% annuo del valore nominale o di acquisizione dei crediti iscritti in bilancio. Questo fino a un ammontare complessivo di svalutazioni e accantonamenti del 5% del valore nominale dei crediti iscritti in bilancio.

Se gli accantonamenti effettuati al fondo svalutazione crediti superano questa “fatidica” soglia del 5% l’eccedenza è fiscalmente indeducibile”. Si tratta di un passaggio importante perché determina la divisione del fondo di svalutazione dei crediti in due: un fondo dedotto, e un fondo non dedotto. Nel primo caso si tratta della somma degli accantonamenti che rientrano nei limiti stabiliti dall’articolo 106 del Tuir. Nel secondo caso riguarda la differenza tra accantonamenti civilistici (imputati a Conto Economico) e accantonamenti deducibili ai sensi dell’articolo 106 del Tuir. Questo significa che il fondo svalutazione crediti non dedotto, in caso di utilizzo a copertura di future perdite su crediti, genera una variazione in diminuzione in dichiarazione dei redditi, al fine di evitare di perdere definitivamente la quota di accantonamento non dedotto al momento dello stanziamento.

 

Come compensare l’incertezza del trattamento fiscale?

L’imprenditore può ricorrere a una garanzia ulteriore per compensare l’incertezza del trattamento fiscale tramite l’accesso all’assicurazione del credito. L’assicurazione dei crediti sostituisce le attività che un imprenditore deve considerare per mettersi al riparo da eventi imprevedibili, da quell’incertezza di cui si è parlato in apertura.

Non soltanto le strategie commerciali ma anche la gestione dei crediti e, nel caso in cui dovessero presentarsi, la gestione delle insolvenze. L’obiettivo delle assicurazioni dei crediti non è soltanto quello di compensare le perdite, ma assistere l’impresa nel processo di individuazione delle perdite “prevedibili” già prima che si verifichino. Con un costo predeterminato e interamente deducibile, l’assicurazione dei crediti oltre a garantire la certezza dei flussi di cassa, anche in presenza di crediti inesigibili, elimina l’incertezza del trattamento fiscale.